GIOVANNI PANARELLO, STORIA DI UN’ANFITRIONE DELLA DOLCE VITA
Nel 1958 Ercole Patti, passeggiando per le vie di Taormina, ne restituisce un’immagine delle più evocative e familiari:
«Taormina sonnecchia sotto il sole invernale. Nella piccola strada fitta di negozi c’è una calma assoluta; si sentono risuonare i passi dei pochi passanti sul lastricato. I Rinaldi e gli Orlandi paladini appesi accanto alle soglie degli antiquari se ne stanno, con le loro corazze di latta, in un riposo definitivo, con gli scudi e le durlindane attaccati alle loro braccia di pezza».
Decano di questi antiquari fu Giovanni Panarello.
Figlio di un puparo, era nato a Messina nel 1908 ed era in poco tempo diventato un noto e ricercato esperto di antichità.
Amico di divi del grande schermo, intellettuali e uomini di pensiero, rese la sua villa Pomea di Taormina ed il suo negozio al numero 110 di Corso Umberto (oggi non più esistente), dei veri e propri cenacoli di molti dei protagonisti delle grande letteratura e del grande cinema del Novecento.
Frequentò assiduamente Greta Garbo e fu amico del grande filosofo inglese Premio Nobel Bertrand Russel; ospitò il pittore Henry Faulkner, compagno del grande scrittore e drammaturgo Tennessee Williams, anch’egli frequentatore assiduo di Taormina.
Lo scrittore e giornalista Luciano Mirone, nel suo libro “L’antiquario di Greta Garbo”, riporta alcuni preziosi aneddoti di Panarello: «Fui amico di Andrè Gide che una volta si innamorò pazzamente di un ragazzino della zona. Fiocco lo chiamavano, il quale si era messo in testa di farsi regalare un’automobile dallo scrittore». Alla variopinta galleria di celebrità non poteva mancare il vivace Truman Capote che così appare nel racconto di Panarello a Mirone:«Ospitai anche Truman Capote, uno dei personaggi ai quali mi sono maggiormente affezionato. Mite, basso di statura, intelligente e ironico, soleva prendere in giro tutti e ballare la tarantella. Per molti anni dimorò nella mia casa di Letojanni, dove in terrazza trovava ispirazione per scrivere alcuni romanzi. Stava con un uomo americano che avava lasciato a moglie per mettersi con lui, cosa della quale lo scrittore andava molto fiero».
Panarello diventò intimo amico di Gayelord Hauser, il celebre dietologo delle dive, autore della “dieta Hauser” osannata in tutto il mondo. Grazie ad Hauser, Panarello incontrerà Greta Garbo, con la quale intreccerà negli anni un rapporto di profonda amicizia: «Ma fra tutti, Greta Garbo è quella che ha lasciato un segno indelebile nel mio cuore. La conobbi all’inizio degli anni Quaranta a Beverly Hills, me la presentò Gayelord Hauser. Hauser era di casa a Taormina: diventammo amici nel ’35, da allora organizzammo delle feste favolose, soprattutto a Villa Silemi di Letojanni e a Villa Pomea di Taormina, che gli feci acquistare io.
Quando mi presentò la Divina mi tremavano le gambe, da poco avevo visto Il diavolo e la carne, uno dei suoi primi film, girato nel 27. L’attrice mi strinse a malapena la mano ed andò via senza darmi il piacere di scambiare una parola. Passarono alcuni anni. Hauser tornò a Taormina.
Un giorno passando dal mio negozio mi disse: ‘Domani alle dieci fatti trovare a casa perchè ti porto la Garbo, voglio farle vedere la tua collezione di presepi. Siccome Gayelord era un tipo spiritoso, pensai a uno scherzo. L’indomani dimenticai l’appuntamento e mi recai a lavorare. Quando tornai a casa lo vidi in compagnia dell’attrice davanti al mio cancello, erano lì da tre ore. Da quel momento fra me e la Garbo iniziò un’amicizia molto intensa. Lei amava quest’isola che considerava culla della ‘civiltà europea’, andava pazza per l’antiquariato siciliano. Le regalai tantissimi oggetti: cucchiai di legno lavorati a mano, servizi di piatti, quadri del Seicento e del Settecento. Che lei espose nel suo appartamento di Beverly Hills. Per ricambiare mi donò un libro scritto in inglese sulla storia del carretto siciliano. Senza alcuna dedica ma semplicemente: G. Garbo».
Oggi che Giovanni Panarello, Greta Garbo, Andrè Gide e gli altri costituiscono le trame di un racconto pieno di fascino e suggestioni, ci sembra di risentire come un’eco le parole di Ercole Patti su Taormina: «Così passano le ore e le stagioni e in questa riposante dolcezza si consuma pian piano la vita».