HOTEL SAN DOMENICO, UNA FRONTIERA CHE DA SUL MONDO DELLE BELLE LETTERE E DEL GRANDE CINEMA.
Il Grand Hotel San Domenico, sino al 1866 Convento dei Domenicani di Taormina, si trova sul limitare dell’antico ghetto ebraico di Taormina, in uno dei luoghi di maggiore fascino della Città. Grazie ad alcune pietre miliari del cinema di ogni epoca, gli splendidi interni dell’albergo e gli spazi circostanti hanno trovato un adeguato posto nella memoria collettiva di generazioni di cinefili.
Restano, intrinsecamente legate alle imponenti mura dell’albergo, le magistrali interpretazioni di Monica Vitti e Gabriele Ferzetti ne “L’avventura” di Michelangelo Antonioni; sembra di rivedere ancora l’istrionico Walter Chiari muoversi nei corridoi del grande albergo in “Tipi da Spiaggia” di Mario Mattioli; come non ricordare la radiosa bellezza di Virna Lisi, sulla terrazza dell’albergo insieme a Giulio Bosetti in “Made in Italy” di Nanny Loi, o Jean Reno nel chiostro del San Domenico in “Le Grand Bleu” di Luc Besson; resta l’esilarante dialogo tra Carlo Verdone e Claudia Gerini nella Hall dell’albergo in “Grande, grosso e Verdone”, e le memorabili scene de “Il piccolo diavolo”, di e con Roberto Benigni, tra le quali la splendida scena, insieme al grande Walter Matthau, girata nel Piazzale antistante l’Hotel.
«Eravamo appena entrati nella hall quando il direttore, il signor Menta, venne a salutarci e ci disse subito del suo stupore nel vedere, nel Libro d’oro dell’albergo dove avevo soggiornato, che non avevo firmato. Immediatamente, Piero D’Anna, il vicedirettore, mi portò il detto Libro d’Oro. Mi trovai quindi nella condizione, ancor prima di aver raggiunto la mia stanza, di dover scrivere una frase immortale in quel venerabile registro. Le due autorità dell’albergo mi invitavano ad utilizzare una pagina qualunque del libro e scelsi di firmare accanto a Thomas Mann, premio Nobel per la letteratura, autore di Morte a venezia che mi aveva detto di aver letto Le amicizie particolari, complimento che gli resi a proposito del suo libro».
Sono queste le parole di Roger Peyrefitte, tra i maggiori scrittori francesi del Novecento, descrivendo il suo ritorno al San Domenico, dopo un’assenza dalla sua amata Taormina durata alcuni anni.
«Sfogliando il libro d’oro del San Domenico, scorsi, nell’anno 1903, la firma di Anatole France e in anni recentissimi quelle della tribù Mitterand. (…) Ero molto legato a quel tempo alla famiglia Teissier. Mary, che il Tout-Paris ha conosciuto bene, era una delle donne più belle del mondo…
Ella aveva voltato per me la pagina di Taormina. Era infatti a causa sua che mi ero installato al San Domenico, dove lei e suo marito sarebbero scesi. Fu presso di lei che conobbi il Principe Felice Yussopov, l’assassino di Rasputin.
Fui molto fiero di presentarlo a Vincent Auriol nonché a Thomas Mann, il cui soggiorno a Taormina fu l’ultimo piacere del grande scrittore tedesco, morto presso Zurigo qualche mese dopo, nell’agosto 1955».
Il grande uomo di lettere Roger Peyrefitte, dopo aver deciso di trascorrere gran parte della sua vita a Taormina, nel 1998 vi ricevette la cittadinanza onoraria.
Verrà sepolto al Pere Lachaise di Parigi. Sulla sua tomba, per sua disposizione, solo una parola: “Taorminese”.
Il panorama incomparabile che si può tutt’oggi ammirare dal giardino del Grand Hotel S. Domenico risulta splendidamente contenuto nello sguardo ammirato di due Americane, che affrontano da sole un viaggio in Sicilia ai primi del ‘900. Nel loro diario di viaggio, recentemente ripubblicato col titolo di “Due Americane in Sicilia”, si legge:
«A Taormina non c’era nulla di più bello di quel giardino; col pavimento di piastrelle e muschiose nicchie di pietra in un’ombra densa che invita alla meditazione; angolini aperti ma riparati per prendere il sole, e lo splendore della vista sull’Etna e i suoi ampi contrafforti, e sul mare verde striato di latte profumati tappeti viola e avorio fatti di viole e di fresie; lo scoppio delle buganvillee contro lo stucco avana dei muri del convento; piroscafi costeggianti, candidi yacht e minuscole barche da pesca nere lontano, unico cenno delle attività del mondo».
Questo giardino di delizie e gli interni solenni sembrano conservare ancora oggi un segno dei grandi ospiti del passato, gli stessi che lasciarono nel famigerato Libro d’Oro dell’Hotel una traccia del loro passaggio: da Luigi Pirandello ad Anatole France, da Eduardo De Filippo a Guglielmo Marconi, da Rudyard Kipling a Thomas Mann, John Steinbeck, Tennessee Williams, Enzo Biagi, Giuseppe Sinopoli, Re Faruk d’Egitto, insieme allo stravagante barone agrigentino Agostino La Lomia col suo inseparabile merlo indiano “Don Turiddu” e tanti, tanti altri.
L’Hotel, che durante la Seconda Guerra Mondiale ospitò il quartier generale tedesco di Kesselring, venne pesantemente danneggiato da bombardamenti aerei degli Alleati nel 1943.
Nel 1947, dopo un meticoloso restauro, si diede una grande festa di cui resta memoria nel volumetto umoristico “I pazzi a taormina” di Massimo Simili.
Era nient’altro se non la Festa della vita che ricomincia. Il grande giornalista e scrittore umorista Massimo Simili sintetizzava, in una cronaca frizzante e spassosa, lo spirito immortale di Taormina, pronto a celebrare sempre la Vita. Quella che va e quella che viene.