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La biblioteca araba ed altre scritture

in collaborazione con Fondazione Orestiadi di Gibellina, a cura di Enzo Fiammetta

10 giugno - 25 giugno 2021 - Palazzo Ciampoli

 

In collaborazione con Fondazione Orestiadi di Gibellina

A cura di Enzo Fiammetta

 

La mostra è un viaggio, se pur lieve, nel rapporto tra immagine e scrittura. L’incontro sullo stesso piano di due possibilità espressive, che nascono con l’uomo. La necessità di fermare la conoscenza con lo scritto, la necessità di fermare un’emozione con il colore e il segno. Come pianeti, i lavori in mostra orbitano attorno alla Biblioteca siculo araba di Stalker e De Luca, installazione che dà corpo tridimensionale alla scrittura, con un testo che narra delle città siciliane come le descrisse Al-Idrisi nel suo viaggio in Sicilia nel XII secolo. Il quadrato magico di Boetti viene riproposto con i ricami che le donne afgane realizzarono nel 1979 a Kabul. L’azzeramento del testo operato da Emilio Isgrò, i segni di un alfabeto arcaico, riportati sulle ceramiche da Carla Accardi. Di matrice berbera sono i segni – graffiti dell’algerino Hakim Abbaci sulle sue tavole. Ascanio Renda trasferisce il testo del Padrenostro su un pannello accartocciato in mosaico, per riflettere sulla mercificazione del sacro, religiosità presente anche nell’opera del tunisino Nja Madaoui, tra i più grandi calligrafi del Maghreb, come pure nell’installazione i Maestri Invisibili del maestro Algerino Rachid Koraichi, che dedica la sua opera ai maestri sufi. Le false scritture di Giusto Sucato ed Emilio Angelini e la sovrapposizione di immagine e testo nell’opera di Alfredo Romano; il bozzetto di Mimmo Paladino per l’opera La sposa di Messina di Schiller per le Orestiadi del 1990; il codice fiscale di Pasolini, opera di Alfonso Leto. E poi le ceramiche dei due grandi maestri Arnaldo Pomodoro e Khaled Ben Slimane, il tappeto mediterraneo di Jonida Xherri, realizzato dai giovani migranti dei centri di prima accoglienza siciliani. Nel lavoro di Giovanni Bosco, il senso innato in tutti del fare arte e la necessità universale del comunicare. Il signor K, uno dei grandi maestri del novecento, Kafka, dà spunto ad Elisa Nicolaci per realizzare una scultura inquieta e misteriosa quanto il testo.

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