Il desiderio è una pulsione che ci accomuna e ci sovrasta, energia che ci ricollega al divino.
La letteratura stessa nasce dal desiderio di narrare e ascoltare una storia, comune o più spesso eccezionale, vera o meglio inventata.
È l’insaziabile voluttà del racconto che in Sherazade diventa strumento di salvezza, primo esempio di un meccanismo testuale che dalla novellistica antica approda al feuilleton fino a Borges e Calvino.
D’altra parte, sembra profilarsi all’orizzonte una nuova forma di schiavitù: l’uomo senza desideri, condannato a conseguire un godimento schiacciato sul consumo compulsivo e perennemente insoddisfatto.
Ma si può, davvero, rinunciare al desiderio senza rinunciare ad essere uomini?